Abbiamo avuto il piacere di conoscere Isabelle durante il nostro wine-tour a Barcellona.
Prima del viaggio, avevamo pianificato di fare una visita al Monvínic, piacevolmente colpiti dalle recensioni positive e dai numerosi articoli scritti dai più grandi giornalisti di vino.
Ma mai avremmo pensato di conoscere una Maître Sommelier come Isabelle Brunet! Una forza della natura, disponibile, cordiale, con una lunga esperienza nel mondo del vino accumulata in anni passati a girare il mondo del vino.
Il suo inizio è stato nel ristorante dei genitori, in un piccolo paese in Francia, dopodiché non si è più fermata, vivendo sempre nel mondo del vino e della ristorazione.
Esperienze incredibili vissute sul campo, una grande Donna ed una grande Sommelier.
Questa è la nostra intervista, buona lettura!
Il nomade diVino: Se guardassimo i timbri che hai sul passaporto, sarebbe come fare un viaggio nella geografia del vino. Sei partita da un piccolo villaggio non lontano dalla regione della Loira ed hai attraversato tutti i più grandi Paesi produttori di vino: Francia, Germania, Inghilterra, SudAfrica, Stati Uniti, Cuba, Australia e Nuova Zelanda. Hai vissuto esperienze importanti nella ristorazione e nelle cantine, conosciuto molte persone del vino e toccato con mano tante realtà diverse. Ci racconti qual è stata l’esperienza “enologica” che ti ha dato più emozioni? Non parliamo di degustazioni, ma di esperienze vissute sul campo, magari con un vignaiolo durante una vendemmia o un incontro che ti ha lasciato un buon sapore ed una lunga persistenza.
Isabelle Brunet: Beh…è come se mi chiedessi qual è il mio vino preferito.
Come posso scegliere un momento condiviso con persone e vino?
Comunque, se ne dovessi scegliere uno, la mia visita del 1999 a Phillip Jones della cantina Bass Phillip (in Australia, ndr) è stata memorabile.
Ricordo che dopo aver visitato le vigne ci ha portato in un ottimo ristorante italiano con sua moglie Sarong (che è Tailandese) per bere – e non assaggiare – diverse cuvée del suo stupefacente Pinot.
Poi, anni dopo, quando nel 2006 Sergi Ferrer-Salat (proprietario del Monvínic, ndr) mi ha concesso di lavorare per 6 mesi ad una vendemmia alla Bass Phillip, Phillip Jones ha pensato fossi una viticoltrice esperta, e anche se non lo ero ho cercato di aiutarlo nel miglior modo che potevo.
Ho iniziato a lavorare appena scesa dall’aereo e la prima cena tailandese cucinata da Sarong accompagnata nuovamente da quel Pinot è stata davvero incredibile. Avevo ancora gli effetti del jet-lag ma ho chiuso gli occhi ed ho pensato a dove avrei potuto essere…e mi sono ritrovata in Borgogna a bere un Pinot Riserva del 1989. Sono rimasta senza parole…emozione pura.
Il nomade diVino: Questo tuo grande background ti ha permesso – tra l’altro – di diventare con merito Maître Sommelier di molti locali senza essere passata dagli studi accademici classici della Sommellerie. Ci puoi spiegare quanto è importante, secondo te, per un Sommelier vivere esperienze dirette sul campo come le tue?
Isabelle Brunet: Già all’età di 10 anni aiutavo i miei genitori nel loro ristorante, a 12 servivo ai tavoli ed a 16 ho frequentato per due anni la scuola di ristorazione; a 18 ho iniziato a lavorare come cameriera…dopodiché ho lavorato con mio fratello a Londra che mi ha formato come sommelier, facendomi partecipare a molte degustazioni.
Alcune persone preferiscono i libri, ma per me le esperienze di vita sono state la scuola migliore. Nel settore della ristorazione gli studi ed i titoli sono importanti, ma la pratica sul campo è fondamentale.
Il nomade diVino: Il Monvínic crediamo sia un locale che si possa definire “al femminile”, dal momento che i vari incarichi di responsabilità sono affidati alle donne. A partire dalla tua figura di Meître Sommelier, alla Chef, alla Direttrice della Comunicazione fino alle numerose Sommelier di sala. Finalmente vediamo, negli ultimi anni, sempre più donne sommelier e chef, a riprova del fatto che l’impostazione data finora alla ristorazione deve essere rivista. Qual è secondo te il valore aggiunto, la diversa prospettiva o sensibilità di una donna in questo campo?
Isabelle Brunet: Sono orgogliosa di essere circondata da persone che posseggono alti valori umani e morali, durante questa mia esperienza al Monvínic: il proprietario Sergi Ferrer-Salat e Clara Saludes (Direttrice degli Eventi e Comunicazione) ne sono il migliore esempio!
Essere sommelier non è un lavoro maschile, trovo socialmente corretto che sempre più donne trovino lavoro ben retribuito…e parlo di qualsiasi tipo di lavoro!
Non sono femminista, ma generalmente noi donne sommelier siamo più delicate e sensibili nel trasmettere la nostra passione e raggiungiamo i nostri obiettivi senza essere troppo aggressive o competitive.
Il nomade diVino: Tra i vari locali in cui hai lavorato, c’è anche El Bulli di un “certo” Ferran Adrià. Ci piacerebbe che tu ci raccontassi questa storia e quanto questa esperienza sia stata importante all’interno del tuo percorso formativo e la tua carriera.
Isabelle Brunet: Sono arrivata a Barcellona nei primi anni del 2000 dopo averne trascorsi due a girare per il mondo. Ero con mio fratello Christophe Brunet il quale aveva prenotato un tavolo da El Bulli; dopo una bella chiacchierata con July Soler (co-proprietario de El Bulli, ndr), appena finito il pranzo mi propose l’incarico come sommelier.
Magia è la prima parola che mi viene in mente. La creazione dei piatti da El Bulli era pura adrenalina.
Scegliere il vino da abbinare era la vera sfida, ma la cosa che mi emozionava di più era guardare i volti delle persone e sentire le loro impressioni riguardo la loro esperienza a El Bulli, che alla fine coinvolgeva tutti i sensi: vista, olfatto, gusto, ma anche i suoni…tutto era una festa!
Personalmente, due stagioni sono state sufficienti e sono stata contenta di lasciare il posto ad altri giovani e talentuosi sommelier.
Naturalmente, questa esperienza da El Bulli è stata fondamentale per entrare nel mondo del food & wine in Spagna.
Il nomade diVino: Sei una grande appassionata del vino Jerez (Sherry), come noi dopotutto. Sei stata nominata Ambasciatrice del Jerez dalla relativa D.O., a sancire un legame non solo affettivo con questo vino dai mille aromi e sapori. Ci puoi parlare del Jerez dal tuo punto di vista, di quanto sia importante nel panorama enologico mondiale e di quanto, purtroppo, se ne parli troppo poco.
Isabelle Brunet: Un miracolo della natura.
Qualche migliaio di anni fa una serie di condizioni come la vita, i lieviti ed il clima si sono incontrate in questa parte del mondo per una ragione precisa. Davvero pochi luoghi nel mondo hanno il privilegio di poter invecchiare il loro vino in modo sia ossidativo che biologico (se ti interessa conoscere il vino Jerez, ne parliamo qui).
Il tempo non è un nemico e quando sei là tra le botti e gli aromi pungenti del Jerez, l’orologio si ferma.
Abbinare il cibo con l’intera gamma di Jerez è davvero eccitante, a partire dal vino più secco a quello più ricco di sfumature ed intenso. Il Fino e il Manzanilla con la loro flor (strato di lieviti); l’Amontillado, l’Oloroso e il Palo Cortado con il loro invecchiamento ossidativo… ricordo le emozioni di 9 anni fa come fosse oggi.
Una piccola quantità di Jerez nel bicchiere ti trasmette profumi in grado di trasportarti lontano ed il suo sapore migliora ogni tipo di pietanza.
Ad ogni modo, credo che generalmente le persone siano spaventate dal contenuto alcolico di questo vino.
Se visitate l’Andalusia vedrete quanto sono felici le persone in questa parte di Spagna…coi loro balli e la musica tipica! È l’anima del Flamenco!
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È proprio così Isabelle, siamo d’accordo con te! L’Andalusia con il suo Jerez sono perfettamente rappresentate dallo spirito e dall’anima del Flamenco!
Grazie mille per le tue parole, il mondo del vino è meraviglioso perché non si smette mai di incontrare persone come te!
Ci vediamo presto al Monvínic!
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Se vuoi conoscere le storie di altri protagonisti del vino, puoi leggere le nostre interviste a Charlie Arturaola, Julien Miquel e Saverio Russo.