IL VERMOUTH E TORINO, UNA STORIA D’AMORE LUNGA DUE SECOLI

di Cristian
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Tra le varie eccellenze enologiche di cui l’Italia può andare orgogliosa ce n’è una di cui si parla troppo poco.

Forse perché non si tratta di un vino vero e proprio, almeno non secondo gli standard con cui siamo soliti intendere il vino, da pasto o da dessert, secco o dolce, fermo o frizzante.

Niente di tutto questo. 

Sto parlando del Vermouth.

Nonostante il nome lievemente cacofonico di origine tedesca – wermut significa assenzio – è un prodotto italianissimo, di Torino per la precisione, e si può trovare scritto anche “vermut”, italianizzato, soprattutto nel capoluogo piemontese.

La storia del Vermouth a Torino

Chi non ha mai visto una bottiglia di Martini bianco, o non l’ha comprata, alzi la mano.

Nel corso dei decenni il Martini è diventato il Vermouth più famoso a livello internazionale e nel linguaggio comune sono diventati l’uno il sinonimo dell’altro.

Ma nella sostanza non lo sono, perché il Vermouth nasce qualche anno prima della Martini e per opera di un altro grande innovatore, Antonio Benedetto Carpano.

Siamo alla fine del ‘700 e nel capoluogo allora sabaudo questo giovane vercellese, appassionato di letteratura, agronomia e scienze naturali, inizia a miscelare erbe aromatiche e vino, con risultati non sempre esaltanti.

La svolta avviene quando prova il moscato bianco di Canelli rinforzato con alcool e dolcificato con zucchero raffinato, a cui viene aggiunta una miscela di 50 erbe e spezie, tra cui l’assenzio.

Questo vino aromatizzato viene quindi messo in commercio a Torino a partire dal 1786 e da quel momento inizia una lunga storia di successi che lo ha portato fino a noi.

Nasceva così la più valida alternativa ai già allora famosissimi vini liquorosi, come il Porto, lo Sherry ed il Marsala, che da inizio ‘700 spopolavano sui mercati europei, specialmente quello inglese.

Carpano diventa quindi la prima azienda a produrre e commercializzare, in Italia ed all’estero, il suo prezioso vino aromatizzato e continuerà il lavoro del suo fondatore attraverso le generazioni successive, fino ai giorni nostri.

Perché vino aromatizzato?

Tra le diverse tipologie di vino ce ne sono due che potrebbero essere confuse o perlomeno creare qualche dubbio: i vini liquorosi e quelli aromatizzati

I vini liquorosi, detti anche fortificati, sono quelli che ad un certo punto della vinificazione vengono addizionati di alcool (solitamente distillato di vino), per aumentarne la gradazione alcolica, interrompere la fermentazione e creare un insieme di profumi e sapori inconfondibili e amati in ogni angolo del pianeta. Stiamo parlando dei vari Porto, Madeira, Sherry e Marsala i quali, ognuno a modo proprio, portano avanti un metodo ed una filosofia risalenti a molti secoli fa e che li ha portati ad essere delle icone riconoscibili immediatamente.

I vini aromatizzati si ottengono invece aggiungendo al vino fatto e finito (bianco o rosso) infusi idroalcolici di erbe o spezie. Sono vini che hanno origini che si perdono nel tempo, essendo ad esempio quasi tutti i vini bevuti dagli antichi Greci e Romani sicuramente più o meno addizionati di spezie e di aromi. Il Vermouth di Torino è dunque un vino aromatizzato, a cui si possono affiancare il Barolo Chinato ed il Retsina, il famoso vino greco.

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Puoi scegliere tra l’adozione di un filare in Toscana (Chianti) o in Puglia (Salento). L’adozione del filare dura 12 mesi e può iniziare in qualsiasi momento. L’adottante riceverà:

  • aggiornamenti e approfondimenti mensili via email;
  • il certificato di adozione e verrà apposta la targhetta in legno personalizzata sul filare;
  • n.6 bottiglie di vino prodotto con il vitigno scelto

Il Vermouth: come viene prodotto?

Innanzitutto si parte dal vino, che può essere bianco o rosso – a seconda del vermouth che si vuole ottenere – e può provenire dall’Italia o da altre nazioni europee (il Carpano tradizionale oggigiorno utilizza vini provenienti dalla Puglia, dalla Romagna e dalla Sicilia).

La  gradazione e la composizione del Vermouth è regolamentata da una legge italiana del 1958, che specifica una presenza di alcool compreso tra il 14,5 e il 22% in volume, ed un contenuto minimo di estratti di erbe della famiglia delle artemisie, al fine di costituirne l’elemento caratterizzante.

Nel marzo del 2017 è uscito il disciplinare del Vermouth di Torino IG, che comporta criteri più restrittivi. Infatti il vino, sia bianco che rosso, deve essere di origine Piemontese e in retroetichetta può essere indicato il vitigno (ad esempio Moscato o Cortese), se il suo contributo supera il 20% del totale. Le tipologie previste sono il base, con grado alcolico minimo di 16°, il Superiore (17°, massimo 22°), il Dry (50 g/l max di zucchero) ed Extra Dry (30 g/l max di zucchero).

La ricetta per ottenere il Vermouth è qualcosa che i produttori custodiscono gelosamente.

Oltre al vino, infatti, è di primaria importanza la scelta delle piante aromatiche che vengono infuse nell’alcool puro al 95/96%; la principale è l’assenzio (Artemisia absinthium) a cui si può aggiungere piante come la maggiorana, la melissa, il timo e la salvia, fiori come la camomilla, il sambuco e lo zafferano, e spezie come l’anice stellato, il coriandolo, il cardamomo, la noce moscata e la vaniglia.

Ogni vermouth possiede una miscela differente tra queste ed altre piante, ed i risultati possono essere anche molto diversi tra loro.

Come si beve il Vermouth?

Trattandosi di un vino aromatizzato, il Vermouth non si può annoverare tra i vini da tavola, perlomeno non secondo le abitudini moderne.

Il vermouth può essere bevuto liscio, con un semplice cubetto di ghiaccio ed una scorza di limone o arancia. 

Ma è anche l’ingrediente fondante di alcuni tra i più famosi ed apprezzati cocktail nostrani, come il Martini, l’Americano, il Manhattan o il Negroni.

Che sia liscio o sotto forma di cocktail, il Vermouth è da molti anni il compagno ideale degli aperitivi di mezzo mondo, apprezzato per la sua duttilità che lo rende piacevole in ogni momento dell’anno.

Al giorno d’oggi il Vermouth è diventato un po’ “figlio del mondo”; viene infatti prodotto in molte nazioni e molti sono i produttori che si cimentano nella sua elaborazione, seguendo varie metodologie e composizioni, ma mantenendo sempre i suoi tratti unici e caratteristici dati dalla sua dolcezza con retrogusto amarognolo ed il sapore di erbe aromatiche e spezie.

Ma che sia fatto in Spagna o in Portogallo, Francia o alle Canarie (ce n’è uno anche di Lanzarote!), resta comunque il fatto che il Vermouth, questa piccola grande meraviglia, è un ambasciatore di Torino nel mondo.