DALLA TOSCANA: IL BARRICOCCIO, SANGIOVESE AFFINATO NELLA TERRACOTTA

di Irene
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Prodotto dalla Tenuta Rubbia al Colle di Suvereto (LI), in piena Maremma toscana, il Barricoccio è un 95% Sangiovese e 5% Ciliegiolo, che riprende un’idea del passato: viene infatti affinato per almeno 18 mesi in piccole barrique di terracotta.

Non si tratta di fermentazione alcolica quindi, ma solo affinamento, in barrique di coccio appositamente prodotte dalla Fornace Masini di Impruneta (FI), che riproducono nella forma e nelle dimensioni la classica barrique di legno.

Dagli Etruschi ai Romani, per millenni l’argilla è stato considerato il materiale più idoneo per la conservazione del vino. Solo dal 1700 in poi si è iniziato ad utilizzare il legno, in quanto meno pesante e più maneggevole.

Con il Barricoccio si è voluto ricreare e rendere omaggio agli antichi Etruschi, che proprio in questa terra, la Val di Cornia, 2000 anni fa conservavano il vino in anfore d’argilla. Le anfore sono però poco maneggevoli, difficili da lavare e delicate, così alla tenuta hanno ben pensato di riprodurre – nella forma e nella dimensione, ma non nel materiale – la barrique, il contenitore da vino per eccellenza, per il quale molta tecnologia è già stata sviluppata (dai supporti alle tecniche di sanitarizzazione).

Le barriques di terracotta del Barricoccio

Quella della Barricoccio è una storia dentro un’altra -altrettanto bella- storia.

La cantina Arcipelago Muratori nasce dal progetto di quattro fratelli che, guidati dall’enologo Francesco Iacono, decidono di iniziare una nuova avventura imprenditoriale buttandosi nel mondo dell’enologia. E lo fanno con una filosofia ineccepibile: il rispetto del territorio e dei processi naturali.

Il progetto comprende 4 aziende, cosiddette isole (da qui il nome Arcipelago): Tenuta Villa Crespia in Franciacorta, Rubbia al Colle in Val di Cornia in Toscana, Oppida Aminea nel Beneventano, Giardini Arimei ad Ischia.

Quatto differenti cantine in zone diverse d’Italia ed in ciascuna di esse si è scelto di coltivare – con tecniche naturali – i vitigni che meglio si adattano a quel territorio e ne rappresentano l’unicità e autenticità espressiva, al fine di ottenere da ogni “isola vinicola” la migliore qualità possibile, esaltandone al massimo le caratteristiche.

Il barricoccio: foto artistica

La Tenuta Rubbia al Colle di Suvereto ad esempio, inaugurata nel 2008, è tutta sotterranea. Immersa nel sottosuolo per un miglior rendimento energetico e un minor impatto ambientale, quasi scompare alla vista, tanto da essere appellata la Cantina che non c’è. Una cantina ipogea nel pieno rispetto della collina che la ospita. L’intero sistema produttivo qui è improntato sui principi della sostenibilità e del rispetto per la natura.

Un incrocio tra tradizione e moderne tecnologie, tra rispetto della natura e innovazione che ritroviamo a pieno nel nostro Barricoccio.

L’idea di far maturare i vini, affinandoli in barrique prodotte con la stessa materia prima – l’argilla – in cui le radici della vite crescono e si sviluppano è infatti un ritorno al passato, un omaggio alla civiltà che ha fatto di questo territorio uno dei suoi primi insediamenti. Una rivisitazione in chiave moderna, che ci regala un vino fresco, dal gusto sincero ed autentico, non influenzato dal legno. 

Un vino generoso, moderno e al tempo stesso antico.